Articolo a cura di Fabrizio Binetti
Facendo esperienza si tracciano spesso inconsapevolmente nuovi percorsi di conoscenza; spuntano a volte per caso nuove opportunità (a volte giocose, a volte coerenti con la cultura da cui siamo informati, a volte sfidanti e a volte motivo di elevazione).
Si cresce all’interno di una griglia di informazioni e modi di dire che possono collassare in un bacino rassicurante o costituire una finestra sul mondo che impreziosisce il condotto.
Sotto i piedi, davanti e sopra la testa un cilindro di parole, frasi idiomatiche e gesti che – come in una staffetta – diventano parte dei nostri modi di dire.
Umberto Eco parlava di rizoma, cioè una struttura complessa, proteiforme, non omogenea né segmentata che chiamava Enciclopedia; siamo sempre dentro a un grande archivio che ci dà e mantiene informazioni, un archivio che è la cultura da dove veniamo.
In questo archivio ci sono il dialetto, le strutture idiomatiche, modi di vestire, espressioni popolari vivaci e pizzute, i cosiddetti elementi soprasegmentali (il linguaggio del corpo), valori profondi della vita. E si trovano, non certo per sola eredità: le parole.
Le parole giungono per contagio ma non sempre con ingenuità. Andrebbero negoziate! Negoziare è come pesare.
A volte viene fatto, certamente; a volte si confida in un tessuto di rimandi culturali giovanili, giovanilistici, di moda, a volte semplicemente comodi perché utilizzati dal contesto; le pronunciamo per prassi.
Come in tutti i domini di riferimento, si sceglie un attimino di non farsi prendere dalla smania hacca24 (H:24) di parlare a busso, come quando si prende l’apericena senza riflettere che s’interviene a trecentosessanta gradi in conversazioni dove non si hanno paletti ritenendo – sbagliando – che quelle parole ci stanno.
Ci sta! Siamo certi che verremo capiti; Ci sta e le usiamo.
Il punto non è che saremmo più cool, il power non risiede nella vezzosità del linguaggio, eppure si vola basso (fly down) per non sentirsi Too Much o rischiare di essere troppo pelatosi o ancora peggio si teme di non arrivare (come si dice in televisione) e non risultare persone Vere.
Allora la si chiude velocemente per sentirsi ancora young o perché Scialla: non la si può menare nel manico con tutto, se si perde il tassativo, si finisce come un gatto in tangenziale. Crederci sempre arrendersi mai, dai!
CI STA!
L’Ape non vola sui fiori, si beve al bar la sera, la paglietta si fuma, il sound che butta fa parlare come si mangia, pieni di notizie shock e va giurato: questa ROBBA l’adoro!
Alla fine – detta come come va detta – alla fine della fiera, fa parte del pacchetto, detto questo, al netto di quello che diciamo, abbiamo tante cose in ballo, serve l’impegno di tutti. CI STA!
Pensare alle parole qualche volta, bene e meglio, senza sentirsi migliori offre maggiore sapienza a se stessi.
L’enorme filosofo del linguaggio Wittgenstein diceva: I limiti del nostro pensiero sono i limiti del nostro linguaggio.
E qui c’è il margine sufficiente per dire che questa frase arriva.
Adoro!